Pubblichiamo il testo completo dell’intervento di Marina Boscaino al Convegno annuale dell’Associazione Salviamo la Costituzione “Un capo assoluto in un’Italia spezzata” (Roma, 1° marzo 2024).
Un ringraziamento particolare all’associazione Salviamo la Costituzione. Entrare nel direttivo è stato per me un grande privilegio. Ancora un ringraziamento alla CGIL, la cui sede prestigiosa ci ospita oggi.
Rappresento i Comitati per il Ritiro di ogni autonomia differenziata, l’unità della Repubblica, l’uguaglianza dei diritti e il Tavolo NOAD, di cui sono portavoce. Il nostro è un nome lungo, ma denso di significato. Significa che non ci riconosciamo nella Riforma del Titolo V – e in particolare nel rapporto tra art 116 c. 3 e art. 117; significa, altresì, che la nostra lotta, che dura da ben 5 anni, ininterrottamente, trova respiro ed ispirazione nella coerenza del dispositivo configurato dai principi individuati negli artt. 2, 3 e 5 della Carta. I comitati e il Tavolo hanno un unico scopo: ostacolare il percorso dell’ad, possibilmente fermarlo; dar vita ad una pedagogia costituzionale, che abbiamo perseguito attraverso un’attenta attività di formazione/informazione cui “Salviamo la Costituzione” ha contribuito fortemente; mobilitare cittadine e cittadini, ancora paradossalmente ignari di quanto loro sta per capitare attraverso il ddl Calderoli e l’operatività della cabina di regia per la determinazione dei Lep.
Nasciamo nel 2018, come tavolo Scuola contro l’autonomia differenziata. Ben presto ci accorgiamo che il progetto riguarda addirittura altre 22 materie e ci costituiamo, nel 2019, come Comitati. Ci siamo mobilitati in tutte le occasioni in cui, dal 2019 ad oggi, abbiamo dovuto ostacolare il collegamento dei ddl alla legge di Bilancio, grimaldello usato da tutti i governi per scongiurare l’ipotesi di referendum.Abbiamo scritto documenti, petizioni (una delle quali al Parlamento europeo, ora in attesa di un pronunciamento della Commissione), raccolto firme per una Lip regionale in Emilia Romagna. Abbiamo scritto odg per i comuni. Abbiamo fatto – in questi 6 anni – centinaia di assemblee sul territorio nazionale. Un lavoro indefesso, che qualche risultato lo ha dato. Non tale però da interrompere la marcia di Meloni e Salvini, oggi basata sul patto scellerato ad/premierato.
Oggi siamo ben oltre il passo nel baratro. Stiamo precipitando rapidamente. Siamo però convinte/i che insieme possiamo rallentare la caduta e provare a rallentarla, se non ad evitarla. C’è bisogno di unità per fronteggiare pericoli immani.
Il 2023 è stato un anno importantissimo, che ha fatto registrare una svolta per la mobilitazione sul contrasto all’ad. Innanzitutto, da maggio ha preso vita finalmente – su iniziativa della CGIL – un progetto, la Via Maestra, che ha assunto, come da tanti di noi auspicato, una funzione aggregatrice e federatrice di forze e movimenti, alcune delle quali – tra cui noi – occupate sul contrasto all’ad. Questo ha dato vita innanzitutto alla manifestazione del 7 ottobre e ad un sentire diffuso (corroborato anche da una nutritissima teoria di sentenze della Corte Costituzionale) dei danni causati dalla Riforma del Titolo V. Al tempo stesso, lo scorso anno si è determinato un processo di maturazione dei partiti che ha portato – con toni e con modalità differenti – a prese di posizione talvolta anche molto diverse rispetto a quelle tradizionalmente assunte sul tema dell’ad; mi riferisco in particolare alla svolta da questo punto di vista della segreteria di Schlein nel PD e all’uscita da posizioni non proprio chiare ed esplicite di Conte e del M5S.
Come andare avanti? Siamo convintissimi che qualsiasi sia l’esito del ddl Calderoli alla Camera (e, naturalmente, non ci aspettiamo nulla di buono), qualsiasi iniziativa si decida di intraprendere – vuoi la strada impervia del referendum, vuoi quella del ricorso in Corte Costituzionale da parte dei presidenti di regione), è evidente che l’assenza di una reale campagna di massa, con iniziative di mobilitazione, di formazione e informazione che coinvolgano cittadine e cittadini su un tema di cui sanno ancora quasi nulla (come peraltro è stato rilevato dai recenti sondaggi) diventano un obbligo ed una responsabilità ineludibile. Ancora: solo un coinvolgimento ampio ed una consapevolizzazione concreta dei danni dell’ad potranno consentire di operare una pressione consistente sui territori quando e se i presidenti di regione (una volta passato il ddl Calderoli) decidessero di andare avanti con le intese. Sia detto tra parentesi: i comitati dell’ER hanno raccolto le firme (65mila) per una legge di iniziativa popolare regionale che chiede a Bonaccini di fermarsi. Un modello che potrebbe essere esteso alle altre regioni. Se la consapevolezza e la mobilitazione non crescono, tutto questo sarà impossibile.
In questo senso ricordiamo la manifestazione nazionale organizzata a Napoli per il 16 marzo.
Tralascio volontariamente i danni che l’autonomia differenziata causerà alla zona più fragile del nostro Paese, il Mezzogiorno, cancellato peraltro dal dettato costituzionale proprio con la Riforma del Titolo V. Basta leggere documenti, report, studi; ultimo, in ordine di tempo, il pronunciamento della Corte dei Conti della Campania. Tralascio l’inganno dei Lep, di cui tutte e tutti sappiamo, la riforma a costo zero, la mistificazione del residuo fiscale. I temi su cui insistere non possono che transitare attraverso un legame stretto tra Nord e Sud del Paese. Da questo punto di vista segnaliamo l’assemblea molto partecipata che sabato scorso si è tenuta a Milano, presso la Camera del Lavoro, dal titolo “L’autonomia differenziata fa male anche al Nord” che ha insistito sul tema dei contratti e delle privatizzazioni. Il Nord verrà gravemente colpito dall’autonomia differenziata. Lo ius domicilii, che verrà istituzionalizzato quando e se l’autonomia differenziata diventerà legge, colpirà tutti, ovunque risiedano. E non parlo dell’abbattimento dei grandi principi che hanno orientato la vita repubblicana e che costituiscono l’architrave della Costituzione, nata dalla Resistenza e fondata sull’antifascismo. Lascio la valutazione di questo fatto enorme e gravissimo a sensibilità che non possono più appartenere a chi oggi deve fare i conti con la sopravvivenza, con la perdita di potere d’acquisto dei salari, con le liste d’attesa degli ospedali, con l’assenza di strutture pubbliche per l’assistenza alla disabilità, con il mancato esercizio di diritti, quali quello ad una libera maternità.La profonda convinzione è che le conseguenze dell’autonomia differenziata non riguarderanno solo il Sud. Ogni territorio, anche al Nord estremo, ha un proprio Sud. E’ il Sud della precarietà, delle difficoltà economiche, della marginalità, ovunque esse esistano. E’ il Sud dei diritti non garantiti, della disattenzione diffusa per il rispetto del principio di uguaglianza e di quanto è compito della Repubblica mettere in campo per garantirlo.La creazione di una cornice normativa differenziata – “più complessa e disomogenea”, come ha affermato la Banca d’Italia – su base regionale rallenterà investimenti e capacità delle imprese più piccole di far fronte ad un mosaico di leggi per chi operi produttivamente su più regioni, con un aumento esponenziale di costi amministrativi ed economici, cui difficilmente potranno far fronte.
L’arretramento ulteriore del Sud non potrà che riverberarsi sulle regioni del Nord; la capacità contrattuale dei sedicenti governatori non potrà in alcun modo fronteggiare la concorrenza dei Paesi più sviluppati, e il peso politico che ciascuno potrà rivendicare.
I contratti collettivi verranno affiancati da contratti regionali: parti diverse tra eguali.
Va poi rafforzato – nella sede parlamentare – il lavoro di costruzione di nessi e alleanze, nonché di iniziative che tendano a mettere in luce il dissenso nei confronti dell’ad espresso da soggetti non propriamente integrali al mondo dei movimenti: UPB, Banca d’Italia, Commissione Europea, Confindustria, CEI. Da ultimo, il contatto continuo e fondamentale con i Comuni – gli unici realmente che possono davvero conoscere i livelli dei bisogni, come l’articolazione della Repubblica più vicina ai cittadini e alle cittadine, maggiormente in grado di recepire le necessità di adeguati servizi pubblici, scoprire criticità (è per questo che da anni ci battiamo per un dibattito pubblico in questo senso, affossato dalla scelta di una cabina di regia di nomina governativa e dalla Clep) – diventeranno definitivamente subordinati ai poteri accentrati nei ‘governatori’.
Approfitto, in conclusione, della sede da cui siamo ospitati per sottolineare che confidiamo in un concreto appoggio della Via Maestra, di cui il Tavolo NOAD fa parte, relativamente alle iniziative che si metteranno in campo, augurandomi un protagonismo dell’associazione Salviamo la Costituzione nell’esercizio del ruolo di federatore anche rispetto alle prospettive di una lotta contro l’autonomia differenziata che, se non portasse a frutti concreti, vedrebbe irreversibilmente trasfigurato il volto della Repubblica.