Nel nome di Giordano Bruno
Roma Campo de’ Fiori, 17 febbraio 2024
Dignita’, Laicita’, Democrazia
“Nel baluardo della Costituzione Repubblicana”
Antonio Caputo
Cittadine, Cittadini,
oggi, anniversario della morte di Giordano Bruno, arso sul rogo il 17 febbraio 1600 in Campo de’ Fiori, vittima dell’Inquisizione, ricordiamo il filosofo che ha aperto i grandi sentieri della modernita’ europea, martire della liberta’ e del libero pensiero, insieme a chi ha difeso fino all’ultimo, fino a morirne in un lager siberiano, la battaglia per la democrazia e le liberta’ politiche nella dittatura di Putin .
Il nostro pensiero, commosso e riconoscente, va oggi anche al grande Amico avv. Bruno Segre, Maestro di laicita’ e libero pensiero , scomparso qualche giorno fa, 105enne, a Torino, nel giorno dedicato alla memoria della Shoah.
Difendere,praticare, sviluppare, realizzare in concreto istituzioni libere e democratiche , facendo nostra la lezione magistrale del grande nolano e’ imperativo categorico di tutte le donne e gli uomini liberi da dogmi e padroni:Nel baluardo, per noi in Italia, della nostra cara Costituzione repubblicana del 1948, democratica e antifascista, traduzione giuridica del lascito valoriale dei nostri partigiani nella lotta di Liberazione , Giustizia e Liberta’ .
Unita da un ponte non solo ideale alla Costituzione della Repubblica romana mazziniana , laica e democratica, costituita il 9 febbraio 1849 a Roma , a seguito dei moti insurrezionali del 1848 e della ingloriosa fuga da Roma di Pio IX .
Una data. 9 febbraio 1849, che resta come ponte verso il 25 aprile , il primo maggio e quel 2 giugno in cui ,nel 1946, si compie la scelta repubblicana attraverso un voto popolare a cui presero finalmente parte le donne , col referendum istituzionale, in straordinaria coincidenza con la data della morte dell’Eroe dei 2 mondi.
Quasi a rinverdire la profezia di Dante Alighieri nella magia dei luoghi consacrati al ricordo: il Capanno Garibaldi, la pineta di Classe, semplici case private, oggi Campo de’ Fiori.
Le commemorazioni sono obbligo morale, attraverso esempi di probità , intransigenza, eroismo, abnegazione, amore per l’umanita’, da tramandarsi da padre in figlio; esempi di idealita’ e fede nei principi , in primo luogo della Ragione, per i quali i protagonisti della vicenda scelsero di dare la vita.
Popolo senza populismo. Patria fra le altre patrie, lontani da pretese di primati e all’insegna del rispetto fra le genti.
Contro una deriva che sta trasformando la storia in spot e mezzo di marketing turistico in cui si perde ogni speranza di pedagogia civile e si finisce per rimanere soli.
Dal 1948 si sono succedute 21 leggi di “revisione costituzionale”. Ove il sostantivo “ revisione” non comporta stravolgimento o capovolgimento e, come tali , ammissibili ex art. 138 costituzione e due di “riforma” ( o meglio , come le chiamava l’amico Felice Besostri ,indimenticato amicus curiae nelle vittoriose battaglie giudiziarie contro porcelli assortiti e italiKum mancato, di recente scomparso prematuramente, “ deforma”.
Anche in elusione dell’art. 139 della Carta, per cui la forma repubblicana non puo’ costituire oggetto di revisione , come e’ stato ed e’ con la “ riforma Meloni” per la manomissione della sovranita’ del parlamento rappresentativo.
21 volte l’iniziativa legislativa fu parlamentare, come previsto nella sostanza dalla Costituzione che non per nulla appartiene al popolo titolare della sovranità esercitata attraverso i suoi rappresentanti, senza vincolo di mandato imperativo ( del capopartito del momento) che tali erano fino a 20 anni fa circa senza porcelli e rosatelli.
Solo 2 volte l’iniziativa deformante fu esercitata dal governo che quando si tratta di leggi costituzionali dovrebbe estraniarsi , i cui banchi scriveva Calamandrei dovrebbero essere vuoti.
La devolution berlusconiana nel 2006 e la deforma renziana nel 2016 furono stroncate dai 2 referendum oppositivi con cui il popolo sovrano disse No.
Tocca ora , non c’e’ 2 senza 3 ,al governo Meloni.
Che ha proposto la deforma del premier elettivo in sostituzione di un parlamento rappresentativo ridotto ad un ruolo servile, eleggendo direttamente il premier, un unicum mondiale, il voto si trasferisce automaticamente alla sua maggioranza da lui formata in lista bloccata, un rosatellum mostruoso e mostruosamente applicato a tutto il parlamento svuotato della sua reppresentativita’.
Vanificando anche il ruolo di garanzia e terzietà del presidente della repubblica . Si fuoriesce dalla democrazia parlamentare rappresentativa per dare al premier eletto potere di vita e di morte su legislatura, e non solo , con i numeri che avrebbe, anche sulla nomina del ( suo) Presidente della repubblica , Corte costituzionale e Consiglio Superiore della Magistratura.
Un cambio di regime non più parlamentare e repubblicano.
Ma In una Repubblica parlamentare quale è la nostra, nata dalla Resistenza contro la tirannide, i governi nascono in Parlamento dove siedono i rappresentanti eletti liberamente dal popolo. La riforma proposta vuole che gli elettori eleggano il governo e ritiene irrilevante la scelta dei parlamentari.
Per dirla tutta: se agli italiani piace votare Giorgia Meloni, dovranno per questa ragione sorbirsi i Lollobrigida, i Delmastro, i Pozzolo, i Donzelli e compagnia cantando perche’ cosi’ piace alla premier, pardon al “ Presidente”, idem se vincesse qualcun altro, cambiando l’ordine dei fattori il prodotto , ademocratico, non cambia.
I parlamentari, le loro competenze e la loro funzione vengono cancellati e riassorbiti nel ruolo del premier: a loro e a tutto il Paese pensa solo il premier.
Fatto ancora più grave, il premier diventa il tiranno della sua maggioranza , il ruolo del parlamentare “senza vincolo di mandato” viene cancellato. Il Presidente della Repubblica diventa un notaio della volontà del premier, appendice della Gazzetta Ufficiale o poco altro e a lui viene precluso ogni rapporto con il Parlamento, cioè con la sua base parlamentare anacquata da antidemocratici premi.
Ne esce oltre modo mortificato nella sua funzione di simbolo dell’unità nazionale che non si capisce bene se venga trasferita al premier.
Se cosi’ fosse,peraltro, come potrebbe rappresentare l’unità della nazione un premier necessariamente di parte?
In un tempo in cui è accertata la facilità tecnica di manipolazione del corpo elettorale, con possibilità di falsificazione persino di immagini e di linguaggi personali, qualsiasi scelta parlamentare è preferibile alla scelta popolare diretta. La lungimiranza del primo articolo della Costituzione nell’indicare i «limiti» alla «sovranità» popolare i mostra nella sua pienezza.
Di fronte alla apparentemente inarrestabile invasione di menzogne di massa — e nella impunità di chi ha questa signoria di inquinare — l’unico rifugio è nella intermediazione politica, nei filtri, nel contraddittorio per verificare la verità dei fatti, nell’equilibrio delle coalizioni. In tutto quello cioè che anche un Parlamento, sbilenco e da aggiustare come il nostro, può tuttavia, per il fatto stesso di esserci, assicurare: meglio di una elezione diretta a «mosca cieca».
Meglio di un modello comunque autoritario.
La madre di tutte le riforme sta davvero partorendo una pessima figlia che farà molti danni.
In casi simili, scusate la franchezza , l’interruzione di gravidanza è quantomai opportuna.
Oltretutto, a latere di questo progetto autoritario e illiberale , avanza il disegno di legge di attuazione del titolo V della Carta costituzionale repubblicana , come modificata , sventuratamente, nel 2001, dalla maggioranza di governo del tempo che pretendeva di inseguire il delirio della secessione leghista : le cosiddette autonomie differenziate.
Che fanno venir meno progressivamente, come stiamo da anni sperimentando in corpore vili con il collasso del regionalismo sanitario all’italiana , celebrante le esequie , in corso, del servizio sanitario nazionale universale finanziato dalla fiscalita’ generale, l’unita’ della Repubblica , quale garante e organizzatrice di funzioni e servizi fondamentali di un welfare nazionale non disgregativo, sino a 23 materie, trapassate nella competenza esclusiva di 21 staterelli.
Una avventura in terra incognita che oblitera la portata universale di diritti civili e sociali dei cittadini tutti della Repubblica,il cui regime in concreto verrebbe gestito, organizzato e inevitabilmente finanziato, da ciascuno dei 21 staterelli, in modi differenziati , con tutte le conseguenti implicazioni , lesive in primo luogo del principio di uguaglianza dettato precettivamente dall’art. 3.
Siamo davanti a un passaggio, ad un tempo epocale ed eversivo della democrazia parlamentare rappresentativa, quale strumento e canale di espressione e attuazione delle liberta’ politiche di ciascuno di noi: da un modello di di stato unitario su basi regionali, frutto da far germogliare della Costituzione del 48 , che viceversa si sta avvelenando, a un modello incognito di un presunto quanto sgangherato stato federale, sulle ceneri dell’altro.
Un passaggio che puo’ concretare la trasformazione radicale e della forma di stato e di governo, introdotto con legge ordinaria ad opera di una maggioranza parlamentare vittoriosa nelle ultime elezioni politiche , che hanno visto larghe astensioni di un corpo elettorale che sta perdendo fiducia anche in se stesso, in virtu’ di una legge elettorale ben poco rispettosa dei principi cardine di proporzionalita’, democraticita’ e rappresentativita’ del voto degli elettori.
Facendo strame dell’art.48, per cui il voto deve essere, per essere democratico, diretto, libero, uguale e segreto.
Risuona , greve, sullo sfondo dell’ennesima “grande riforma”, che pare obliterare la crisi della classe dirigente politica italiana , occupata in operazioni di pura propaganda e distrazione di massa che facciano dimenticare magagne e incapacita’ di far fronte ai problemi da affrontare con concretezza e lungimiranza, terreno fertile per la sostituzione della dialettica e della mediazione , proprie di una forma di governo parlamentare, con la decisione di un organo monocratico raffigurante, come scriveva Carl Schmitt, “ l’uomo di fiducia di tutto il popolo” ( parlava di Hitler, ndr), l’ammonimento , ad un tempo responsabile e angosciato, di don Luigi Sturzo, un hic Rhodus hic salta: “ La Costituzione e’ il fondamento della Repubblica. Se cade dal cuore del popolo, se non e’ rispettata dalle Autorita’ politiche, se non e’ difesa dal Governo e dal Parlamento , se e’ manomessa dai partiti, verra’ a mancare il terreno sodo sul quale sono fabbricate le nostre Istituzioni e ancorate le nostre liberta’”.
Facciamo nostro , cittadine e cittadini, oggi , a Campo de’ Fiori, l’appello del grande monaco nolano: “ Svegliatevi dormienti”!
W la Repubblica , w la democrazia, w Giordano Bruno, w il libero pensiero!
Antonio Caputo