Pubblicato su “la Repubblica” l’8.6.13
di Alessandro Pace
Nella riunione del Consiglio dei ministri di giovedì scorso, dedicata all’approvazione del disegno di legge costituzionale relativo al percorso delle riforme, solo due Ministri, Emma Bonino e Andrea Orlando, hanno sollevato obiezioni circa la riduzione da tre mesi ad uno dell’intervallo intercorrente tra la prima e la seconda approvazione del testo delle leggi costituzionali eventualmente modificative della forma di governo, del bicameralismo paritario e dei rapporti Stato-regioni. Entrambi i Ministri hanno giustamente fatto notare l’importanza dell’intervallo dei tre mesi previsto dalla stessa Costituzione invitando alla cautela. Quell’intervallo è stato infatti voluto dai Costituenti allo scopo precipuo di poter discutere, prima del voto definitivo (senza possibilità di emendamenti), sulle modifiche approvate in prima lettura. E’ stato loro replicato che con una legge costituzionale ad hoc – come quella in discussione – si può derogare al procedimento previsto in Costituzione!
E’ bene allora ricordare alcuni concetti elementari, ma fondamentali.
1. La nostra è una costituzione rigida, che come tale si pone al vertice dell’ordinamento, al di sopra di tutte le leggi, siano esse ordinarie che costituzionali.
2. Il procedimento “speciale” di revisione costituzionale ha la funzione di “adeguare” la Costituzione alle mutate esigenze storiche, sociali e politiche. E’ quindi esercizio di potere costituito, non costituente. Parlare, con riferimento al momento attuale, di “percorso costituente” è frutto di ignoranza oppure sottende intendimenti eversivi.
3. Per quanto detto, il procedimento di revisione previsto nell’articolo 138 rinviene il suo fondamento giuridico nella Costituzione, di cui deve rispettare i limiti sia formali che sostanziali. Una legge di revisione costituzionale, come quella di cui giovedì scorso è stato approvato il disegno di legge, può quindi modificare l’articolo 138, ma, finché il 138 è in vigore, deve rispettarlo.
4. Nelle costituzioni rigide, il potere di revisione costituzionale incontra però un limite ulteriore. Le modifiche non devono surrettiziamente “flessibilizzare” il procedimento di revisione costituzionale. Il disegno di legge approvato giovedì non ha però la finalità di “modificare” l’articolo 138, bensì di “derogare” una tantum l’articolo 138. Il che è macroscopicamente illegittimo.
5. Siffatta deroga una tantum (sic!) consentirebbe infatti alle eventuali singole leggi modificative della forma di governo, del bicameralismo paritario e dei rapporti Stato-regioni di essere approvate con un procedimento difforme dall’articolo 138. E’ quindi una deroga, ma illegittima, perché esplica i suoi effetti nel futuro modificando surrettiziamente il procedimento di revisione costituzionale.